Interruttore differenziale

Premessa

Nei sistemi di distribuzione dell’energia elettrica in media e bassa tensione, il neutro è collegato a terra, di conseguenza qualsiasi contatto tra la fase di un circuito e la terra genera un passaggio di corrente.

L’interruttore differenziale è un dispositivo di sicurezza attivo, poiché, in caso di dispersione verso terra o di contatto diretto, è in grado di aprire il circuito dell’impianto elettrico interrompendo la circolazione della corrente e limitando, in tal modo, i rischi di elettrocuzione o di incendio. Non offre invece alcuna protezione contro il sovraccarico o il cortocircuito, per i quali è invece richiesto un interruttore magnetotermico. Sono sempre più diffusi apparecchi che integrano entrambi i dispositivi (Magnetotermici-differenziali). È detto differenziale perché basa il suo funzionamento sulla rilevazione dell’eventuale differenza di corrente elettrica, tra l’ingresso e l’uscita del circuito a cui è collegato.

Struttura

Guardando un interruttore differenziale dall’esterno potrete vedere i morsetti di ingresso e di uscita, una levetta di comando per l’apertura ed il riarmo del circuito elettrico ed un pulsantino per il test periodico del dispositivo.

All’interno (Vedi figura) è costituito da un nucleo ferromagnetico toroidale, sul quale sono avvolti tre solenoidi A1, A2, A3, e da un relè di sgancio. I due solenoidi A1 ed A2 sono avvolti in modo da generare due campi magnetici di segno opposto.

Funzionamento

In condizioni normali, le due correnti i1 e i2, che circolano negli avvolgimenti, A1 e A2, essendo uguali ed opposte, generano due campi magnetici che si annullano a vicenda. Nel caso di dispersione verso terra o di contatto accidentale fase-terra, una parte della corrente i1 esce dal circuito creando una differenza tra la corrente in ingresso e quella in uscita, questa differenza genera un campo magnetico non nullo che fa circolare corrente sull’avvolgimento A3 il quale attiva il meccanismo di sgancio.

Soglie di intervento

Nell’esempio precedente abbiamo visto come l’interruttore differenziale scatti al rilevamento di una differenza tra la corrente in ingresso e quella in uscita, questa differenza, detta “corrente differenziale nominale“, è  indicata  con la lettera greca Δ (delta) e rappresenta la sensibilità dell’ interruttore. Generalmente, negli impianti elettrici civili, si installano differenziali con un  Δ di 30 mA mentre negli impianti elettrici industriali si usano con un  Δ di 300 mA.

Gli interruttori differenziali possono essere classificati in base a diversi criteri:

focalizzando l’attenzione sulla forma d’onda delle correnti differenziali rilevabili distinguiamo fra:

  • interruttori differenziali di tipo AC, che sono in grado di rilevare solo correnti differenziali verso terra sinusoidali
  • interruttori differenziali di tipo A, che sono in grado di rilevare anche correnti differenziali verso terra pulsanti unidirezionali
  • interruttori differenziali di tipo B, che sono in grado di rilevare anche correnti differenziali verso terra continue.


La scelta fra interruttori di classe AC, A, B va effettuata dal progettista dell’impianto elettrico in base alle correnti di dispersione che si prevedono per l’utenza da proteggere. Se il carico prevede la presenza di circuiti elettronici che fanno uso di raddrizzatori, chopper , inverter, la corrente di guasto può essere non sinusoidale ( o sinusoidale ad una frequenza diversa dai 50-60Hz, per cui sono predisposti molti degli interruttori AC commerciali ), ed è bene ricorrere ad interruttori di classe A o, meglio ancora, di classe B.

focalizzando l’attenzione sul valore della soglia di corrente, distinguiamo fra:

  • interruttori differenziali ad alta sensibilità, se la corrente differenziale nominale di intervento è inferiore a 30mA
  • interruttori differenziali a bassa sensibilità, se la IΔn è superiore a 30mA

Gli interruttori a bassa sensibilità, per prevenire opportunamente i rischi da contatti indiretti, debbono essere opportunamente coordinati con l’impianto di terra (deve essere soddisfatta la relazione Rt*Idn<=50 nei sistemi TT e Zs*Idn<=Uo nei sistemi T-N), mentre gli interruttori ad alta sensibilità funzionano correttamente anche con resistenze di terra relativamente alte.

Posizionamento

E’ buona norma prevedere un differenziale per ogni linea dell’impianto, in questo modo, in caso di guasto, si avrà il disagio solo sulla linea interessata e non su tutto l’impianto, inoltre sarà più facile trovare il guasto.

Interruttore magnetotermico differenziale

mag-diff.jpg

E’ un interruttore che integra le caratteristiche di intervento sia del magnetotermico che del differenziale, quindi in un unica soluzione avremo la protezione contro:

  • Sovraccarico
  • Cortocircuito
  • Folgorazione (se coordinato con l‘impianto di terra)

Guida impianto elettrico

Progettazione

Negli ultimi vent’anni le “tecnologie dell’abitare” hanno fatto degli enormi passi avanti, ed è per questo motivo che parlare di progettazione di un impianto, riferendosi semplicemente alla parte elettrica dell’edificio, risulterebbe estremamente banale e riduttivo. Una delle prime caratteristiche che un buon progetto deve avere è quella della scalabilità, ciò significa che l’impianto deve poter supportare ampliamenti e modifiche senza dover ricorrere ad ulteriori opere murarie. Per questo motivo, in fase di progettazione, si dovrebbe prevedere l’installazione di canalizzazioni aggiuntive dedicate alla realizzazione dei cosiddetti “impianti speciali“, allarme, videosorveglianza, rete dati, automazione. 

Un aspetto nuovo e molto importante riguarda le ultime tecnologie dell’intrattenimento, infatti le nuove console e le nuove TV non disdegnano di una buona connessione di rete e di un buon impianto di diffusione sonora. Un altro aspetto di rilievo è quello che riguarda la sicurezza dei beni e delle persone,  prevedendo, ove possibile, l’installazione di sensori di gasmonossido di carbonio e allagamento, collegati a dispositivi segnalatori, tipo targhe, ed attuatori, tipo elettrovalvole per la chiusura delle forniture di acqua e gas. La partecipazione dell’utente durante la realizzazione del progetto è essenziale poiché il progettista deve conoscere in anticipo il numero, il tipo di utenze installate e le abitudini del committente, in modo da poter  dimensionare l’impianto in base alla potenza impegnata e alla contemporaneità di impiego delle utenze. Bisogna anche tener conto della disposizione degli arredi, così da poter  posizionare correttamente interruttori e prese, limitando  quelle fastidiose ed onerose variazioni in corso d’opera.

Opere murarie

Dopo la fase di progettazione, si passerà, attraverso l’utilizzo di apposite bombolette spray, alla segnatura dell’impianto sui muri dell’appartamento, in modo da dare al muratore delle linee guida per la realizzazione delle tracce che dovranno contenere il centralino , i tubi corrugati, le scatole di derivazione e le scatole per interruttori e prese.

Centralino

E’ la scatola che servirà a contenere il nostro quadro elettrico, esiste sia da incasso che da esterno, le dimensioni dipendono dal numero di moduli che si prevede di installare, io consiglio  di prenderlo sempre un po’ più grande, in modo da poter ampliare l’impianto senza troppi problemi.

Tubi corrugati

Sono tubi flessibili in PVC e servono a contenere i cavi del nostro impianto elettrico, ne esistono di vari colori e generalmente si fa corrispondere ogni colore ad una tipologia di impianto, es: nero per l’impianto elettrico, verde per l’allarme, grigio per i telefoni ecc.. Le dimensioni del tubo corrugato vanno dal diametro di 16 al 63 (per applicazioni particolari), io nei miei lavori evito quasi sempre il 16 e cerco, ad impianto finito,  di lasciare uno o due corrugati liberi per ogni scatola (non si può mai sapere).

Scatole di derivazione

Sono le scatole sulle quali arrivano i tubi corrugati,  possono essere usate sia come punti di transito verso altre scatole che per contenere le giunte del nostro impianto elettrico. Le norme impongono di non usare la stessa scatola per diverse tipologie di impianto, salvo l’impiego di  setti separatori o di cavi con un adeguato grado di isolamento.

Scatole per interruttori/prese

Sono le scatole che contengono i “Frutti“,  cioè prese e interruttori,  non possono essere usate per contenere  giunte o  punti di transito verso le altre scatole. La misura piu usata è la 503, che puo’ contenere tre frutti,  ma esiste anche la 504 (che ne contiene 4), e la 506 (Che ovviamente ne contiene 6). Ultimamente queste scatole vengono usate anche per contenere moduli per la domotica o per la climatizzazione

Cablaggio

La fase del cablaggio dell ‘impianto elettrico consiste nell’infilare i cavi all’interno dei corrugati e nell’esecuzione delle connessioni all’interno del centralino e nelle scatole di derivazione. I cavi devono essere di sezione adeguata e sia le scatole che i corrugati non devono essere riempiti oltre il 50% della loro capienza, inoltre le scatole devono essere accessibili e i cavi sfilabili.

Cablaggio centralino

Dal punto di fornitura si arriva ai morsetti d’ingresso di un interruttore differenziale magnetotermico “Generale“, da qui si riparte verso gli altri interruttori magnetotermici ( o magnetotermici differenziali), che alimentano i vari “Circuiti“. Gli impianti standard vengono realizzati con due soli  circuiti, uno per la luce e uno per le prese, questo va bene per appartamenti di piccole dimensioni, in abitazioni più’ grandi, invece, sarebbe meglio  prevedere più circuiti es: condizionatori, elettrodomestici, impianti speciali ecc.. In un impianto elettrico dotato di più circuiti  di alimentazione  i disagi dovuti ai guasti sono molto limitati ed anche la ricerca del guasto stesso risulta molto più veloce ed intuitiva. Da qualche anno si trovano sul mercato degli interruttori a riarmo automatico, il vantaggio dei “Restart” è che se scattano, magari a causa di una avaria temporanea, sono in grado di fare una analisi del circuito e, se ritengono che tutto  è apposto, di riarmarsi automaticamente.

Primo soccorso

La prima cosa da fare in caso di folgorazione è senza dubbio quella di verificare visivamente e nel più breve tempo possibile che il salvavita sia scattato, in caso contrario interrompere la corrente agendo sull’interruttore centrale. Se non si riesce a interrompere la corrente si può provare a staccare la vittima servendosi di un bastone di legno asciutto  o di qualsiasi altro materiale purché  isolante,  mai un oggetto metallico. Se proprio si deve agire con le mani, cercare quantomeno di isolarsi dal pavimento, in assenza di scarpe con suola di gomma si può provare a mettere sul pavimento del materiale isolante.

La vittima in stato di incoscienza va fatta sdraiare supina (sulla schiena), si deve controllare subito se respira e se il cuore pulsa. Se il polso e il respiro sono presenti sarà sufficiente cercare di far rinvenire la vittima spruzzandogli dell’acqua sul viso. In caso di arresto cardiaco e di blocco della respirazione si deve procedere alla cosiddetta respirazione artificiale bocca a bocca, accompagnata dal massaggio cardiaco. Chiamare al più presto l’ambulanza o un medico o, se le condizioni della vittima lo permettono, portare il paziente al pronto soccorso.

Cose da non fare

  • Toccare con le mani la vittima se questa è ancora sotto tensione.
  •  Far rialzare a forza la vittima. Si deve aspettare che riprenda le forze lasciandola sdraiata, meglio se coperta e isolata dal terreno.
  •  Cercare di somministrare alla vittima alcol o farmaci di qualsiasi genere.
  •  Non rivolgersi al medico se c’è stata una perdita di conoscenza.

Norme sulla sicurezza

Gli incidenti elettrici sono più frequenti di quello che si possa immaginare; ogni giorno usufruiamo dei benefici che derivano dall’utilizzo della corrente elettrica, senza considerare che l’insidia e il pericolo sono costantemente in agguato. Il funzionamento di un impianto elettrico non è di per sé indice di sicurezza,  infatti nonostante operi regolarmente può comunque essere fonte di pericoli che solo un esperto, dopo i necessari controlli, può prevenire, riconoscere ed eliminare. Per questo è opportuno che l’impianto elettrico di un edificio sia sottoposto ad una regolare manutenzione, in modo da garantire la sicurezza delle persone e delle coseGli incidenti di natura elettrica più comuni sono causati dal contatto elettrico, diretto o indiretto, o da altre cause come sovraccarico,  cortocircuito, arco elettrico.

Rischio elettrico 

Quando una persona viene a contatto con una parte in tensione potrebbe essere attraversata dalla corrente elettrica, tale circostanza costituisce il pericolo più comune a cui si è esposti durante l’utilizzo dell’energia elettrica. Di seguito verranno elencati gli effetti che subisce il corpo umano quando viene attraversato dalla corrente.

Elettrocuzione

Il fenomeno, meglio conosciuto come “scossa” elettrica, viene propriamente detto elettrocuzione, cioè condizione di contatto tra corpo umano ed elementi in tensione, con passaggio di corrente attraverso il corpo dell’infortunato. Condizione necessaria perché avvenga l’elettrocuzione è che la corrente abbia, rispetto al corpo, un punto di entrata e un punto di uscita. Il punto di entrata è di norma la zona di  contatto con la parte in tensione, mentre Il punto di uscita è la zona del corpo che entra in contatto con altri conduttori, consentendo la circolazione della corrente all’interno dell’organismo.

Gli effetti provocati dall´elettrocuzione sono:

  • Tetanizzazione;
  • Arresto della respirazione;
  • Fibrillazione ventricolare;
  • Ustioni;

Tetanizzazione

Questo fenomeno prende il nome da una malattia di natura diversa, il tetano, che causa gli stessi effetti, ossia la contrazione involontaria dei muscoli. In condizioni normali la contrazione muscolare è regolata da impulsi elettrici che vengono trasmessi attraverso i nervi. Quando una corrente di una certa intensità attraversa il corpo umano provoca dei fenomeni indesiderati di contrazione incontrollabile che determinano l’impossibilità di reagire. Ad esempio il contatto tra un conduttore in tensione e il palmo della mano fa si che la mano si chiuda sul conduttore stesso impedendone il distacco.

Arresto della respirazione

La respirazione avviene mediante inspirazione e successiva espirazione di un certo volume d’aria, questo movimento si ripete circa 12-14 volte al minuto. I singoli atti respiratori avvengono per la contrazione dei muscoli intercostali e del diaframma che con il loro movimento variano il volume della cassa toracica. Durante l’elettrocuzione, per i medesimi motivi che determinano la tetanizzazione, i muscoli si contraggono e non consentono l’espansione della cassa toracica impedendo la respirazione. Se non si elimina velocemente la causa della contrazione e se non si pratica, in seguito ad un evento di notevole intensità, la respirazione assistita il soggetto colpito potrebbe morire per asfissia.

Fibrillazione ventricolare

Il cuore è un organo che basa la propria funzionalità su ritmi dettati da impulsi elettrici, per cui è facile capire come ogni interferenza di natura elettrica possa provocare scompensi alla normale azione di pompaggio. Una scarica elettrica di notevole intensità e durata, potrebbe provocare una forte aritmia con conseguente blocco della gittata cardiaca, il rischio maggiore è che il sangue smetta di ossigenare il cervello, condizione che potrebbe provocare danni irreversibili già dopo qualche minuto. In questo caso un tempestivo massaggio cardiaco offre qualche possibilità di recuperare l’infortunato altrimenti destinato a morte sicura.

Ustioni

Sono la conseguenza della resistenza opposta dal corpo al passaggio della corrente elettrica, questa resistenza genera calore per effetto Joule. Normalmente le ustioni si concentrano nel punto di ingresso ed in quello di uscita della corrente dal corpo visto che la pelle è la parte che offre maggiore resistenza.

Incendio

Altri pericoli connessi all’utilizzo dell’energia elettrica sono l’incendio di origine elettrica, l’innesco in atmosfera esplosiva e la mancanza di energia elettrica. L’incendio può essere causato da un’anomalia dell’impianto elettrico, da un corto circuito o da un sovraccarico, questi fenomeni generano calore intenso e scintille. In alcuni casi l’impianto elettrico funge da vettore di incendio poiché è costituito da materiale combustibile (cavi ad isolamento plastico). Gli archi elettrici, in particolare, possono provocare l´innesco di sostanze esplosive, di atmosfere di gas, di vapori o di polveri. Indirettamente, anche la mancanza di energia elettrica può essere causa di infortuni; un Black-out che si verifica durante una lavorazione pericolosa può diventare un fattore di notevole rischio.

Allarme senza fili

I sistemi di protezione via radio vengono preferiti in tutte quelle situazioni dove, per ragioni estetiche o per vincoli architettonici, non è possibile passare dei cavi. Va premesso che nessun sistema via radio, per quanto innovativo e dai contenuti altamente tecnologici, può offrire lo stesso grado di protezione di un sistema filare. Detto questo è altrettanto vero che utilizzando dei buoni prodotti, di fascia alta e sapientemente installati si riesce a raggiungere un ottimo livello prestazionale.

La poca affidabilità dei sistemi di sicurezza wireless è da imputare ad alcuni fattori essenziali:

  • Natura del mezzo trasmissivo: nei sistemi di sicurezza wireless le informazioni tra la centrale e i sensori vengono inviate tramite l’etere e possono essere intercettate e disturbate con l’ausilio di semplici strumenti.
  • Bande di frequenza: le centrali via radio trasmettono sulle frequenze di 433 e 868 MHz, tali frequenze, come vedremo di seguito, sono liberamente utilizzabili da chiunque decida di immettere sul mercato dei prodotti che utilizzano la comunicazione radio. In particolari condizioni, specialmente in presenza di prodotti non conformi, queste frequenze potrebbero risultare sature e quindi non disponibili per la trasmissione, questo potrebbe provocare la mancata segnalazione di un’allarme reale o l’attivazione della segnalazione di manomissione sulla centrale.
  • Bassa qualità dei prodotti: oggi, anche nel campo dei sistemi di sicurezza, stiamo assistendo ad una diffusione massiccia di sistemi di sicurezza entry level che costano quattro soldi e che vengono rifilati al cliente, a caro prezzo, come se fossero il non plus ultra dei sistemi radio.

In forza a quanto detto allego alcuni stralci di un articolo dell’ARPA preso da internet;

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Il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze considera anche le cosiddette “bande non licenziate” a uso collettivo. Si tratta delle bande di frequenze utilizzate per alcuni apparecchi quali, ad esempio, i radiocomandi e gli allarmi. Per questo tipo di bande non è possibile pretendere la “protezione” da interferenze provenienti da apparecchiature di utenti operanti nello stesso intervallo di frequenze. Gli accertamenti sulle segnalazioni d’interferenze, effettuati dall’Ispettorato del ministero per lo Sviluppo economico e le comunicazioni, mostrano carenze di informazioni corrette e in alcuni casi la commercializzazione di prodotti non a norma.

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Sono di libero uso ad. es. radiocomandi, allarmi su frequenze 433 e 868-9 MHz e varie applicazioni audio. In generale i sistemi che impiegano bande di frequenza di tipo collettivo (non licenziate) non possono pretendere la “protezione” da interferenze provenienti da apparecchiature di utenti operanti nelle stesse bande. Le norme tecniche a cui devono fare riferimento le apparecchiature in Europa prevedono per le bande a uso collettivo particolari modalità operative e potenze assai limitate, anche allo scopo di consentirne l’uso contemporaneo da parte di vari utilizzatori. Questi vincoli sono imposti alle apparecchiature, generalmente costruite per il mercato mondiale, mediante interventi sul software di bordo, a cura dell’importatore nel mercato europeo. Nel caso ciò non dovesse avvenire si creerebbero le condizioni per possibili interferenze.

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Molto più evidenti agli utilizzatori e apparentemente preoccupanti risultano le interferenze che si verificano sui radiocomandi in genere, operanti nella banda particolarmente “affollata” dei 433 MHz: radiocomandi per auto, cancelli, porte e garage, tapparelle elettriche, estensori di telecomandi TV (in particolare legati a Sky), antifurti senza fili ecc.

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È evidente, nella modalità di richiesta di risoluzione delle presunte interferenze, la mancanza di informazione sull’uso di apparati che non hanno “diritto alla protezione”; gli installatori (in particolare di costosi antifurti) spesso non informano i clienti e tendono a non farsi carico di eventuali successivi problemi interferenziali.

Protezione perimetrale

Fin dai tempi più remoti l’uomo ha sempre sentito la necessità di delimitare e proteggere il proprio perimetro. In passato questo avveniva tramite la realizzazione di barriere fisiche (alte mura  di cinta, fossati ecc…), che avevano lo scopo di tenere fuori gli intrusi e di garantire la sicurezza di chi viveva all’interno. Oggi, pur non potendo più scavare dei fossati o erigere delle mura, possiamo comunque tutelarci, attraverso l’installazione di sensori d’allarme “specializzati”, atti a proteggere il perimetro del sito. L’installazione di un sistema di sicurezza perimetrale ha un duplice vantaggio, infatti non solo protegge i nostri beni quando ci troviamo fuori casa, ma, cosa più importante, protegge noi e i nostri cari quando ci troviamo all’interno dell’abitazione. E’ possibile realizzare  due tipi di protezione perimetrale: una interna, che protegge i punti d’accesso all’abitazione (porte, finestre, basculanti ecc..), e una esterna, che protegge il perimetro esterno (recinzione, giardino, terrazzo). 

Un buon sistema di sicurezza deve creare più livelli di protezione, per questo motivo, anche in presenza di un buon impianto di protezione perimetrale, è sempre consigliabile l’installazione di qualche volumetrico interno.

Protezione perimetrale esterna

La protezione perimetrale esterna  viene realizzata mediante l’installazione di sensori d’allarme a protezione della recinzione  o della proprietà subito all’interno di questa, con lo scopo di creare un primo baluardo difensivo contro gli accessi indesiderati. I sistemi di protezione passiva, come ad esempio le recinzioni, sono facilmente eludibili e non sempre di facile realizzazione (luoghi con vincoli architettonici, paesaggistici, ambientali), con questo non voglio dire che le protezioni passive sono inutili, ma aumenterebbero di gran lunga la loro efficacia se abbinate ad un sistema di sicurezza elettronico, che riveli e segnali i tentativi di intrusione o sabotaggio.

Protezione recinzioni

I metodi più comunemente utilizzati per la protezione delle recinzioni sono:

  • Fibra ottica: Si tratta di uno o più cavi in fibra fissati alla recinzione lungo tutto il suo perimetro, entrambe le estremità del cavo sono attestate su una centralina, che da un lato emette degli impulsi luminosi e dall’altro li analizza. I tentativi di effrazione mediante il  taglio o lo scavalcamento della recinzione modificano il segnale luminoso e generano allarme. Grazie ad una accurata analisi del segnale la centralina riesce a distinguere un attacco da un evento atmosferico. I vantaggi offerti da un sistema di rivelazione in fibra sono: l’ accuratezza della rilevazione, la possibilità di raggiungere distanze considerevoli senza la necessità di alimentazioni intermedie, la completa immunità alle interferenze elettromagnetiche ed ai fenomeni atmosferici. La fibra viene indicata anche per la protezione di siti con atmosfere corrosive, infiammabili e/o sottoposti a temperature estreme.
  • Cavo microfonico: Si tratta di un particolare cavo microfonico messo in “intimo” contatto con la recinzione da proteggere. Questo cavo raccoglie le vibrazioni della struttura e, grazie ad un effetto piezoelettico, le trasforma in segnali elettrici che vengono inviati ed elaborati da una centralina. Dall’analisi del segnale è possibile distinguere un tentativo di intrusione da un evento atmosferico.
  • Sensore piezodinamico: Si tratta di un particolare tipo di trasduttore che trasforma autonomamente le vibrazioni in impulsi elettrici, grazie a questa caratteristica il sensore non richiede alimentazione ed essendo totalmente privo di componenti elettronici attivi risulta immune a qualsiasi tipo di guasto elettrico. I sensori devono essere applicati direttamente sulle maglie metalliche della recinzione e rilevano l’arrampicamento il taglio e lo sfondamento. I segnali sono elaborati da schede elettroniche che producono comunicazioni di preallarme, allarme e manomissione.

Protezione volumetrica

La protezione volumetrica ha lo scopo di rilevare la presenza di un intruso all’interno di un area (stanza, capannone , ufficio…), essa viene realizzata attraverso l’impiego di sensori detti appunto volumetrici che basano il loro funzionamento sul monitoraggio di determinate grandezze fisiche. A seconda della grandezza fisica monitorata i sensori si dividono in: microonde, infrarossi, doppia tecnologia.

Rivelatore volumetrico infrarosso

L’infrarosso è un particolare tipo di radiazione elettromagnetica invisibile ad occhio nudo ed emessa da qualsiasi corpo che abbia una temperatura diversa dallo zero assoluto (praticamente qualsiasi corpo reale). Il dispositivo elettronico in grado di rilevare la radiazione infrarossa si chiama PIR (Passive Infrared Sensor) o piroelettrico, esso è costituito da un materiale cristallino che – quando esposto al calore sotto forma di radiazione infrarossa – genera una carica elettrica superficiale. Quando la quantità di radiazione che colpisce il cristallo cambia, cambia anche la quantità di carica che può essere misurata. La tensione di uscita è funzione della quantità di radiazione infrarosso rilevata all’ingresso. Sfortunatamente, l’uscita è influenzata anche da vibrazioni, interferenze radio e luce solare.

Funzionamento

Il rivelatore volumetrico infrarosso non offre un elevato grado di sicurezza, ma il suo rapporto qualità/prezzo lo rende ideale per applicazioni in bassa sicurezza. Esso è costituito da una lente di Fresnel, che ha il compito di suddividere l’area di rilevazione in fasci e di convogliare la radiazione infrarossa, presente nel suo angolo di visuale (l’angolo varia a seconda del tipo di lente utilizzata), sul  sensore piroelettrico. L’elettronica a bordo del rivelatore ha il compito di analizzare il segnale e stabilire se si è in presenza di un allarme o di un disturbo. A seconda di come viene trattato il segnale proveniente dal PIR possiamo distinguere due tipi di rivelatori: quello analogico, meno immune ai falsi allarmi e meno costoso, e quello digitale. Nel rivelatore volumetrico infrarosso digitale il segnale  restituito dal PIR viene convertito   in digitale e  confrontato con degli altri valori presenti nella libreria di un microprocessore. All’interno di questa libreria vengono memorizzati sia i valori relativi alla radiazione infrarossa prodotta  dal passaggio di un essere umano, sia quelli relativi  alla radiazione infrarossa prodotta  da elementi di disturbo, quali correnti d’aria calda o campi elettromagnetici, in questo modo si da al sensore la possibilità di discriminare un allarme reale da un disturbo. E’ ovvio che più i componenti sono di buona qualità, più i valori  presenti nelle librerie sono accurati, più il sensore è in grado di discriminare i falsi allarmi e più il costo del componente lievita.

Comunicatore digitale

Il comunicatore digitale è un dispositivo che consente di interfacciare una centrale d’allarme generica, con l’apparato ricevente di una centrale operativa all’interno di un istituto di vigilanza, questo è reso possibile grazie all’utilizzo di protocolli di trasmissione standard di cui il più utilizzato è  l’ADEMCO CONTACT-ID.

Funzionamento:

A seguito di un allarme il comunicatore digitale genera una stringa di dati, che viene inviata, in formato DTMF ( Dual Tone Multy Frequency), al numero telefonico dell’apparato ricevente; quest’ultimo analizza il pacchetto ricevuto ed invia al monitor dell’operatore i dati relativi al cliente e alla tipologia d’allarme in corso. I segnali DTMF possono essere inviati su linea PSTN, GSM o tramite onde radio. Anche in assenza di allarmi i due apparati, ricevente e trasmittente, si scambiano dei segnali di sopravvivenza, nel caso di mancata risposta viene generato un allarme di fallita comunicazione.

ADEMCO CONTACT-ID:

Una stringa inviata da un comunicatore digitale, in formato DTMF e protocollo ADEMCO CONTACT-ID, avrà il seguente formato:

ACCT MT QXYZ GG CCC S

Dove:

ACCT sono le quattro cifre che individuano l’apparato trasmittente

MT    indica il tipo di messaggio

Q      indica il tipo di evento ossia se si tratta di un nuovo allarme o di un ripristino

XYZ  indica il codice dell’evento

GG   indica la partizione

CCC  indica il numero di zona

S      indica il checksum

Ad esempio se la centralina del cliente 0023 rileva un allarme di tipo volumetrico sulla zona 20 della partizione 2 la stringa sarà cosi composta:

0023 18 1132 02 020 8 

Dove:

0023 indica l’apparato trasmittente e quindi i dati del cliente

18     messaggio tipo Contact ID

1       nuovo evento

132   allarme volumetrico

02    partizione

020  numero di zona

8      cheksum

Esistono tanti codici quanti sono gli eventi che possono verificarsi in un sistema d’allarme di seguito riporto una lista dei più utilizzati:

100 Allarme panico
110 Allarme incendio
121 Allarme aggressione
131 Allarme perimetrale
132 Allarme volumetrico
301 Mancanza tensione di rete
302 Batteria scarica
401 Inserimento / Disinserimento
570 Zona disabilitata

Ademco 4+1

Questo protocollo è stato sviluppato per venire in contro alle esigenze delle centrali meno evolute, in questo caso vengono trasmesse solamente 5 cifre di cui le prime 4 indicano l’apparato trasmittente e l’ultima il tipo d’evento secondo la seguente tabella:

1 Allarme incendio o gas o panico
2 Allarme aggressione
3 Tamper
4 Disinserimento
5 Inserimento
6 Mancanza alimentazione
7 Batteria scarica
8 Ripristino default

Combinatore telefonico

CTS400 Sicurit

Il combinatore telefonico fa parte dei dispositivi di segnalazione, il suo compito è quello di comunicare all’utente e/o alle forze dell’ordine, mediante l’invio di chiamate vocali e/o sms, una condizione d’allarme o di avaria. A seconda del tipo di linea telefonica utilizzata il combinatore può essere:

  • Analogico: utilizza la tradizionale linea telefonica commutata (PSTN), molto usato in passato è stato via via messo da parte in favore dei combinatori gsm. Lo svantaggio di questa tipologia di combinatore sta nel fatto che il doppino utilizzato per la trasmissione è accessibile da punti esterni all’abitazione, ad esempio la colonna montante condominiale o l’armadio di permutazione, e per questo motivo di facile neutralizzazione.
  • Gsm: utilizza una sim card come quella per i telefonini. Questa tipologia di combinatore offre molti vantaggi, per esempio non ha il problema del “taglio” del doppino (anche se in realtà esistono degli strumenti, Jammer, in grado di alterare il segnale GSM in un raggio di 30/50 metri) e può essere installato anche in luoghi dove non è presente la linea telefonica. Di contro, a meno che non si scelga di utilizzare una sim a contratto, necessita di più attenzioni da parte dell’utente che deve fare delle verifiche periodiche del credito e dello stato della sim. 
  • Duale: utilizza entrambe le tipologie di linea e ne prende pregi e difetti. Il vantaggio di questa tipologia di combinatore è che in caso di avaria di uno dei due canali può sempre contare sull’altro.

Sirena allarme

La sirena è il dispositivo di segnalazione per eccellenza, il suo compito è quello  di segnalare, attraverso l’emissione di suono e luce, la presenza di un intruso, inoltre, essendo visibile dall’esterno, ha anche un notevole effetto deterrente. La sirena è uno dei primi punti che viene attaccato dai malviventi, una pratica comune è quella di “schiumarla”, per questo motivo è sempre consigliabile l’installazione di più sirene collocate in posizioni difficilmente raggiungibili e ben visibili dalla strada. Il lampeggiante a bordo della sirena svolge una funzione di rilievo poiché consente di individuare visivamente la proprietà sotto attacco. Quella che non deve assolutamente mancare è la sirena da interno, primo perché è di difficile neutralizzazione e secondo perché, grazie all’emissione di un suono ad alta intensità, esercita sull’intruso un azione di disturbo non indifferente. La sirena è dotata di  dispositivi anti manomissione che la proteggono dall’apertura e dalla rimozione, alcuni modelli sono dotati di dispositivi anti schiuma. Dal punto di vista normativo non esistono leggi nazionali che regolamentano l’uso delle sirene, tali norme variano da comune a comune e in linea di massima richiedono l’uso di sistemi di allarme a norma di legge che devono produrre un suono modulato e protratto in via continuativa per non oltre 3 minuti, in caso d’allarme, e 15 minuti in caso d’avaria. Molte centrali dispongono di una funzione chiamata limite allarme, questa funzione fa si che un sensore in avaria venga automaticamente escluso una volta raggiunto, all’interno dello stesso periodo di inserimento, il limite allarme programmato dall’installatore. Nel caso in cui, magari a causa di un’assenza rete prolungata, la centrale dovesse spegnersi, la sirena, grazie alla corrente erogata dalla propria batteria tampone, dovrebbe suonare un’unica volta  per un tempo massimo di 15 minuti.

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