I metodi per autenticarsi su un sistema di controllo accessi sono diversi e vanno dalla semplice immissione di un codice pin, al riconoscimento mediante badge, con o senza contatto, fino ad arrivare, per i sistemi ad elevata sicurezza, all’analisi dei tratti biometrici dell’individuo.
Badge
Il badge è un tesserino in materiale plastico, di dimensioni simili a quelle di una carta di credito, utilizzato per il riconoscimento del personale e per regolare gli accessi all’interno di un’area. I dati sul tesserino vengono riportati sia in chiaro, stampati su uno dei due lati, che in codice, memorizzati su bande magnetiche o su microchip.
Banda Magnetica
La banda magnetica è costituita da un film plastico, simile a quello delle vecchie audiocassette, ricoperto da particelle sensibili ai campi magnetici. Le particelle magnetiche sono disposte in modo ordinato, orientate nel senso del polo nord o del polo sud. Applicando un campo magnetico di intensità adeguata è possibile invertire la direzione delle singole particelle, creando così un sistema di codifica binario, grazie al quale è possibile memorizzare dei dati lungo tutta la banda. L’interazione con il lettore avviene strisciando la banda su di un sensore capace di leggerne il contenuto, per questioni di comodità il sensore è installato all’interno di una feritoia che svolge anche la funzione di binario per agevolare la strisciata. La banda magnetica è un supporto poco costoso, ma presenta notevoli svantaggi in termini di sicurezza e di spazio di archiviazione, inoltre i dati memorizzati potrebbero essere persi a seguito dell’esposizione della banda ad un campo magnetico esterno. Per far fronte al problema dei campi magnetici esterni sono state messe in commercio delle carte ad alta coercitività HiCo (High Coercivity), la coercitività rappresenta la capacità della banda di opporsi ai campi magnetici, più è alto questo valore e più dovrà essere intenso il campo magnetico necessario a modificare o corrompere i dati.
Smart Card
Le smart card hanno le stesse dimensioni di un Badge, solo che in questo caso il supporto di memoria è costituito da un microchip. Il microchip, rispetto alla banda magnetica, offre uno spazio di archiviazione maggiore ed un elevato standard di sicurezza. La maggiore sicurezza deriva dal fatto che questi dispositivi supportano la crittografia dei dati, cosa che li rende particolarmente immuni al fenomeno della clonazione.
Interazione con il lettore
In base al tipo di interazione possiamo distinguere tre tipologie di smart card:
Con contatto; le smart card con contatto sono dotate di una contattiera che serve a realizzare il collegamento tra il lettore e il microchip. L’interazione avviene inserendo la card in una feritoia munita di appositi contatti.
Senza contatto (contact-less); le smart card senza contatto sono dotate di un microchip e di un’antenna, l’interazione avviene grazie alla tecnologia RFID (Radio Frequency Identification). In questa tecnologia il lettore emette continuamente delle onde radio ad alta frequenza, quando l’utente entra nel campo di copertura del lettore, le onde radio vengono captate dall’antenna della card e trasformate in impulsi elettrici, che alimentano il chip e gli forniscono l’energia per inviare i dati identificativi contenuti al suo interno. lo svantaggio delle card contact-less è che le informazioni viaggiano via etere e, anche se criptate, possono essere intercettate all’insaputa dell’utente ed utilizzate per scopi fraudolenti.
Tipo misto; Nelle smart card di tipo misto sono presenti sia la contattiera che l’antenna, queste card vengono utilizzate in quegli ambienti dove, magari per questioni di praticità, le due tipologie di lettura coesistono.
Architettura di un sistema per il controllo degli accessi
Un sistema per il controllo degli accessi è costituito da un’unità centrale, installata all’interno dell’edificio, dai lettori, installati in prossimità dei varchi, e dagli attuatori.
Unità centrale
L’unità centrale è il cuore del sistema, sulla sua scheda sono presenti i connettori per il BUS di collegamento con i lettori e gli attuatori, le interfacce di comunicazione ethernet, RS232, ed una memoria non volatile su cui risiede il software del sistema.
Lettori
Il lettore è lo strumento che consente l’interazione tra l’utente ed il sistema, può essere costituito da una tastiera, da un lettore di banda magnetica, da un’antenna RFID, da un lettore biometrico, da una telecamera da una combinazione di due o più tecnologie. In base al tipo di funzionamento si possono avere:
Lettori stand-alone; questi lettori funzionano in modo autonomo, poiché al loro interno sono memorizzati il software e i dati relativi agli utenti;
Lettori di rete; questi lettori si limitano semplicemente a rilevare i dati e ad inviarli ad un’unità centrale che li elabora;
Lettori di rete/stand-alone; questi lettori sono in grado di svolgere entrambe le funzioni, cioè, in condizioni normali funzionano in rete e nei casi di emergenza, come ad esempio il guasto del server, funzionano in modalità stand-alone.
Attuatori
Gli attuatori sono gli organi di comando, possono essere delle uscite relè o open-collector e servono per impartire i comandi alle varie periferiche, portoni, serrande, tornelli, e per dialogare con altri apparati elettronici come impianti d’allarme o sistemi TVCC.
PC server
Il PC server è il computer su cui è installato il software per la gestione del controllo accessi, grazie a questo software è possibile programmare le opzioni del sistema, gestire gli utenti e avere uno storico degli accessi organizzato in un database fruibile anche da altri programmi, come quello per la gestione paghe.
PC client
I PC client sono tutti i computer su cui è installato il programma che serve a connettersi con il PC server e a consultare i dati relativi agli accessi in esso contenuti.
I motivi per cui si sceglie di installare un sistema per il controllo degli accessi sono diversi e sono spesso dettati da esigenze amministrative, di sicurezza o da entrambe. Installare un sistema per il controllo degli accessi significa gestire in modo automatico i tempi e i modi di utilizzo di una determinata area o risorsa, inoltre questi sistemi snelliscono le pratiche amministrative ed incrementano il livello di sicurezza delle aree in cui operano.
L’esempio tipico, di sistema per il controllo accessi, è quello del dipendente che “striscia” il proprio tesserino su un lettore, ogni volta che entra o esce dall’azienda. I dati raccolti dal lettore vengono inviati ad un server centrale e possono essere utilizzati sia in tempo reale, per verificare se una determinata persona è presente in azienda in quel momento, che successivamente, dal software per le buste paga, per quantificare le ore di lavoro e quindi la retribuzione spettante.
Quello appena descritto è l’esempio più banale, i sistemi per il controllo degli accessi di nuova generazione possono contare su software molto potenti e offrono tutta una serie di servizi che li rendono adatti alle più svariate applicazioni. Molti big nel settore del fitness si sono dotati di questi sistemi per regolamentare l’accesso e l’utilizzo dei servizi all’interno delle palestre; grazie al software, infatti, è possibile creare e gestire diversi profili utente, ad esempio si potrà disporre di un profilo standard, che consente l’ingresso solo alla sala pesi, di un profilo silver, che oltre alla sala pesi può anche usufruire della sauna, del bagno turco ecc.. e di un profilo gold, che oltre ai servizi inclusi nei precedenti profili può anche usufruire della piscina e della zona relax. In questo modo ogni utente gode esclusivamente del servizio per cui ha pagato, inoltre, grazie ad un sistema di gestione dei crediti, è possibile impedire l’accesso alla struttura agli utenti il cui abbonamento è scaduto. Un sistema di questo tipo alleggerisce sicuramente il carico amministrativo ed incrementa la sicurezza della struttura consentendo l’accesso solo agli utenti in possesso del badge.
E’ anche vero, però, che il badge può essere smarrito o consegnato a terzi, ed è proprio per far fronte a questa evenienza che nei sistemi ad alta sicurezza vengono utilizzate delle tecniche di riconoscimento biometrico. Per ciò che riguarda l’aspetto sicurezza, è possibile associare gli utenti a delle fasce orarie per consentirne l’accesso solo a delle ore prestabilite, inoltre si potrebbe pensare di interfacciare il controllo accessi con il sistema di videosorveglianza o con il sistema di sicurezza, per disattivare solo le aree in cui l’utente è autorizzato ad accedere.
La resistenza è la proprietà che hanno i materiali di opporsi al passaggio della corrente. Negli articoli precedenti abbiamo definito la corrente come un movimento ordinato di elettroni che scorrono lungo un conduttore. Durante il tragitto gli elettroni urtano dei nuclei fissi che si oppongono al passaggio della corrente, il risultato di questi urti è la produzione di calore e la conseguente perdita di energia per effetto Joule, che si traduce in un calo della corrente passante. Lo studio della resistenza venne portato avanti dal fisico tedesco Georg Simon Ohm (Erlangen, 16 marzo 1789 – Monaco di Baviera, 6 luglio 1854), che formulò le leggi note come prima e seconda legge di Ohm.
Prima legge
La prima legge di Ohm afferma che la differenza di potenziale (tensione), applicata ai capi di un conduttore è direttamente proporzionale all’intensità di corrente che in esso circola; la costante di proporzionalità prende il nome di resistenza. Poiché nel S.I. i si misura in ampere A e Δv in volt V, la resistenza si misura in A/V che prende il nome di OHM ( Ω ). L’Ohm è quindi la resistenza di un circuito elettrico dotato di tensione di 1V attraversato da una corrente di 1A. In forma matematica, la prima legge di Ohm si scrive
ΔV = i*R (Nella figura seguente il potenziale V viene indicato con E )
in cui ΔV indica la differenza di potenziale, i l’intensità di corrente ed R la resistenza. Tale legge permette di determinare, ad esempio, che è necessaria una differenza di potenziale di 10 V (volt) per far circolare una corrente di 2 A (ampere) in un conduttore che ha la resistenza di 5 Ω.
In realtà, la prima legge di Ohm non vale per tutti i conduttori, rappresenta piuttosto un criterio di classificazione dei materiali capaci di condurre corrente elettrica. I materiali che rispettano la prima legge di Ohm, vale a dire che sono caratterizzati da una proporzionalità diretta tra tensione applicata e intensità di corrente, vengono detti ohmici, gli altri, non ohmici. Sono ohmici tutti i conduttori metallici tenuti a temperatura costante, sono non ohmici, ad esempio, i conduttori gassosi.
Un discorso a parte va fatto per i superconduttori, questi materiali, infatti, se raffreddati fino al raggiungimento della loro temperatura critica annullano la loro resistenza e, finché le condizioni di temperatura permangono, possono essere attraversati dalla corrente senza produrre dissipazioni.
Seconda legge
Il valore della resistenza di un conduttore dipende dalle sue caratteristiche geometriche e dal materiale di cui è costituito; in particolare per un conduttore di sezione costante, come un filo di rame, è direttamente proporzionale alla lunghezza ed inversamente proporzionale all’area della sezione. In termini matematici questa dipendenza, nota anche come seconda legge di Ohm, si scrive R = ρ*l/S, dove l rappresenta la lunghezza del conduttore, S la sua sezione ed ρ la resistività (parametro caratteristico di ciascun materiale). In sostanza la legge afferma che per ottenere un conduttore efficiente è necessario sceglierlo di un materiale a bassa resistività, di forma allungata e di sezione ampia.
La resistività
La resistivitàρ, introdotta nella seconda legge di Ohm, è il parametro utilizzato come criterio di classificazione dei materiali in rapporto alla loro capacità di farsi attraversare dalla corrente elettrica. Sulla base del suo valore si distinguono così tre categorie di sostanze: quella dei conduttori ( ρ compresa tra 10–8 e 10-5ohm metro), quella degli isolanti (con ρ compresa tra 1011 e 1017ohm metro) e quella dei semiconduttori (con ρ compresa tra 10-1 e 104ohm metro).
La resistività di una data sostanza non è costante, ma varia al variare della temperatura. La legge che esprime questa dipendenza è ρ = ρ293 (1 + a ΔT), dove ρ è la resistività alla temperatura T (misurata in gradi Kelvin), ρ293 il valore della resistività misurato a 293 K (20 °C), a un parametro caratteristico di ogni materiale e ΔT la differenza di temperatura tra T e la temperatura di riferimento (293 K). Il tipo di dipendenza della resistività dalla temperatura si spiega considerando la conduzione nei metalli dal punto di vista microscopico. Nel loro moto di deriva gli elettroni di conduzione sono ostacolati dagli ioni del reticolo cristallino, che vibrano intorno alla propria posizione di equilibrio in misura proporzionale alla temperatura del corpo. Tanto maggiore è la temperatura tanto più ampi sono i moti vibrazionali di questi ioni e quindi più frequenti gli urti che ostacolano la conduzione della corrente; quindi, più è alta la temperatura più sarà elevata la resistenza del materiale.
La materia è tutto ciò che ha massa e occupa uno spazio. La materia, che costituisce qualsiasi corpo, è formata da aggregati di particelle tenute insieme da particolari forze di natura elettrica che prendono il nome di molecole. Le molecole sono ulteriormente divisibili in atomi, a loro volta composti da altre parti più piccole quali gli elettroni, i protoni ed i neutroni. Questi tre elementi stanno all’interno dell’atomo e più precisamente, protoni e neutroni compongono il nucleo, mentre gli elettroni gli orbitano attorno. Gli elettroni orbitano attorno al nucleo a distanze diverse (come i pianeti del sistema solare), la distanza di rotazione aumenta con l’aumentare del numero di elettroni. Questi elementi posseggono una carica elettrica che viene assunta come unità di carica elementare, gli elettroni hanno carica negativa, i protoni hanno carica positiva.
Gli Ioni
Gli elettroni che ruotano più lontani dal centro risentono meno dell’attrazione verso il nucleo e se sollecitati potrebbero staccarsi dall’atomo divenendo degli elettroni liberi. Gli elettroni liberi vanno a completare le orbite di altri atomi facendo si che questi abbiano una prevalenza di elettroni nei confronti dei protoni. Gli atomi che hanno un numero diverso di elettroni e protoni si chiamano ioni, più precisamente, se è maggiore il numero di elettroni avremo uno ione negativo (maggiore carica negativa), se è maggiore il numero di protoni avremo uno ione positivo (maggiore carica positiva).
Cariche elettriche
Le cariche elettriche sono corpi costituiti da atomi che hanno ceduto o acquistato un certo numero di elettroni. Come già accennato in precedenza, gli atomi in natura sono neutri, cioè hanno lo stesso numero di elettroni e protoni, ne consegue che se un elemento è carico elettricamente esiste nello spazio un secondo elemento che possiede la stessa carica ma di segno opposto. La carica di un elemento è data dalla somma algebrica delle singole cariche fondamentali e costituisce la quantità di carica (simbolo Q). Come tutte le grandezze fisiche, la quantità di carica ha un unità di misura che è il Coulomb (leggi coulomb, simbolo C), il Coulomb rappresenta la quantità di carica degli elettroni ed essendo questi a carica negativa ne consegue che anche il Coulomb è negativo, un valore di Coulomb positivo indica quindi una carica elettrica di protoni. Due elementi con carica elettrica opposta tendono a riequilibrarsi, cioè a ristabilire la neutralità tra elettroni e protoni, quindi possiamo certamente dire che due cariche di segno opposto si attraggono, mentre due cariche di segno uguale si respingono. La forza di attrazione o repulsione tra due cariche è direttamente proporzionale al prodotto delle quantità di carica fratto la distanza al quadrato delle cariche e dipende dalla natura del mezzo.
Q1 * Q2
F = e * ———
d²
F = forza in newton
e = costante dielettrica del mezzo (per il vuoto vale 8,854 * 10E-12 F/m)
Q1, Q2 = cariche elettriche in coulomb
d = distanza in metri
Corrente elettrica
Nei metalli o più in generale nei conduttori sono presenti uno o due elettroni per atomo nei livelli più esterni. Questi elettroni sono poco legati ai rispettivi atomi e pertanto sono dotati di una grande mobilità. Quando inseriamo un filo di materiale conduttore tra i poli di un generatore, ad esempio una pila, gli elettroni più esterni, carichi negativamente, si dirigono verso il polo positivo generando una grande quantità di cariche in movimento che prendono il nome di corrente elettrica. In realtà gli elettroni non si spostano per tutto il tragitto, ma si urtano l’uno l’altro scambiandosi l’energia. Per chiarire meglio le idee si immagini una fila di bocce allineate (che rappresentano gli elettroni), colpendo la prima boccia si nota istantaneamente uno spostamento della boccia al fondo della fila, questo perché le bocce di mezzo hanno solo ceduto l’energia del colpo senza immagazzinarne.
In particolare, si definisce intensità di corrente elettrica ( i ) il rapporto tra la quantità di carica elettrica ( Q ), che passa attraverso una sezione unitaria del circuito, e l’intervallo di tempo Δt in cui questo passaggio avviene: i = Q / Δt. L’unità di misura della corrente nel Sistema Internazionale è l’ampere (A) . Dal momento che la carica Q si misura in coulomb e il tempo in secondi avremo che 1 A = 1 C / 1 s. Per misurare l’intensita di corrente assorbita da un carico si usa un amperometro collegato in serie al circuito (vedi figura).
La corrente elettrica costituisce una grandezza fisica di fondamentale importanza nella tecnologia legata all’elettronica e ha un grande numero di applicazioni, ad esempio nel trasporto di informazioni o di energia. Per convenzione il verso della corrente coincide con quello in cui si muovono le cariche positive, quindi dal polo positivo al polo negativo del generatore. Quindi il verso della corrente non coincide con il verso del moto degli elettroni. Se la corrente i in un circuito è costante nel tempo parleremo di corrente continua (in tal caso la corrente Q che attraversa una sezione del conduttore e l’intervallo di tempo Δt sono direttamente proporzionali), se invece la corrente elettrica varia nel tempo parleremo di corrente variabile. Da quanto detto sopra si evince che la corrente elettrica non è altro che un flusso di cariche che tendono a ristabilire la differenza di potenziale tra due corpi elettricamente carichi. Se i due corpi, mano a mano che la corrente circola, diventano neutri, immediatamente la corrente cessa (in quanto non c’è più una forza di attrazione tra i due), ma se i due corpi continuano ad avere una carica elettrica diversa, allora avremo sempre la circolazione di corrente.
Si definisce potenziale elettrico e si indica con V, il lavoro che occorre compiere per portare una carica unitaria da un punto qualsiasi del campo elettrico all’infinito (un punto infinitamente lontano, esterno al campo). A punti diversi dello spazio corrispondono potenziali diversi, il lavoro da compiere per portare una carica unitaria da un punto A (potenziale elettrico VA) a un punto B (potenziale elettrico VB), entrambi interni al campo, sarà dato dalla differenza di potenziale (Δ) tra i due punti del campo: L = Va-Vb.
L’esempio ricorrente, utilizzato per chiarire il concetto di differenza di potenziale, è quello dei due recipienti d’acqua posizionati alla stessa altezza e riempiti a livelli differenti. La differenza di livello tra il fluido all’interno delle vasche equivale alla differenza di potenziale. Se collegassimo le due vasche con un tubo, l’acqua proveniente dalla vasca a “potenziale ” maggiore (contenente più liquido), fluirebbe nella vasca a “potenziale” minore, in modo da equilibrare i livelli. Allo stesso modo, collegando un conduttore tra due poli a potenziale diverso, si viene a creare un passaggio di corrente elettrica che tende ad azzerare la differenza di potenziale (d.d.p.). Una volta azzerata la differenza di potenziale lo scambio cessa e con esso i benefici che ne derivano. Nell’esempio dell’acqua, per mantenere costante la differenza di livello, si utilizzano delle pompe che aspirano l’acqua dalla vasca a potenziale più basso e la immettono in quella a potenziale più alto; lo stesso principio vale per la differenza di potenziale elettrico, in questo caso si utilizza un generatore di tensione che ha il compito di spostare gli elettroni da un polo all’altro in modo da mantenere costante la d.d.p.
L’unità di misura del potenziale elettrico è il Volt (simbolo V), in onore di Alessandro Volta, e vale 1 J/C = 1 V [volt], cioè: tra due punti di un campo elettrico vi è una d.d.p. di 1 volt se il campo elettrico compie un lavoro di 1 joule quando una carica di 1 coulomb passa da un punto a un altro del campo. Sovente, il potenziale elettrico viene denominato tensione elettrica. Particolare attenzione va posta al fatto che in presenza di un generatore di tensione il circuito elettrico, come quello idraulico, deve avere almeno due conduttori, andata e ritorno, questo perché gli elettroni che vengono a circolare nel circuito non si devono accumulare, ma devono, mediante un secondo conduttore, ritornare al punto di partenza, difatti per ogni elettrone che parte da un polo del circuito ne arriva un altro sul polo opposto. Se ne deduce allora che un circuito elettrico, per funzionare, deve avere la stessa circolazione di corrente sui conduttori di andata e di ritorno. Per misurare la d.d.p. tra due punti si utilizza un Voltmetro collegato in parallelo (vedi figura).
Premessa: La normativa che era in vigore in materia di cavi e di isolanti e alla quale fa riferimento questo articolo è ormai obsoleta quindi alcune informazioni potrebbero non essere aggiornate ed in linea con la normativa vigente.
Dal punto di vista elettrico i materiali si dividono in conduttori, semiconduttori e isolanti
Con il termine conduttori vengono indicati tutti quei materiali che si lasciano attraversare dalla corrente elettrica. I materiali conduttori possono essere di diversa natura, quelli con le caratteristiche migliori sono i metalli come oro, argento, rame ecc.., il rame è il materiale più utilizzato per il trasporto dell’energia, questo perché, pur non essendo il migliore tra i conduttori, è quello che offre il miglior rapporto qualità/prezzo.
I semiconduttori sono dei materiali che al di sotto di certi valori di tensione si comportano da isolanti, mentre al di sopra si comportano da conduttori, per questa loro caratteristica vengono molto adoperati in elettronica.
Gli isolanti sono dei materiali che si oppongono al passaggio della corrente elettrica e per questa loro caratteristica vengono impiegati per isolare i conduttori.
Struttura del cavo
Un cavo elettrico è costituito da un anima realizzata in materiale conduttore rivestita da materiale isolante. Il conduttore è generalmente costituito da un metallo o da una lega di metalli e può presentarsi sotto forma di un filo unico o di corda di fili (unione di più fili elementari), a sua volta la corda può essere rigida o flessibile. A seconda del tipo di isolante che riveste il conduttore possiamo distinguere due categorie principali di cavi: cavi in carta impregnata e cavi ad isolante estruso. I cavi in carta impregnata vengono usati solo per le altissime tensioni; di uso più comune, invece, sono i cavi ad isolante estruso, che a loro volta si dividono in termoplastici ed elastomerici. Alcuni cavi vengono muniti di schermo, lo schermo viene realizzato mediante una calza di fili di rame ed ha l’obbiettivo di limitare i disturbi elettromagnetici (Gabbia di Faraday). I cavi elettrici possono essere ulteriormente distinti in unipolari, cioè costituiti da un unico conduttore, e multipolari, ossia costituiti da più conduttori. I conduttori possono essere liberi o raggruppati all’interno di un ulteriore guaina protettiva realizzata in materiale metallico o elastomerico.
L’isolante
l‘isolante o dielettrico svolge una funzione importantissima, infatti, oltre a fornire una protezione contro i contatti accidentali, ha il compito di isolare il conduttore da altri conduttori attivi, evitando i cortocircuiti. La funzione dell’isolante deve essere garantita nel tempo, quindi il materiale con cui è realizzato deve avere una buona resistenza agli stress di natura chimica e a quelli di natura meccanica, inoltre deve resistere alle altissime temperature dovute alle elevate correnti che potrebbero attraversare il conduttore in caso di cortocircuito o sovraccarico. Un altro aspetto che riguarda da vicino l’isolante è il suo comportamento in caso d’incendio. Le norme antincendio stabiliscono che l’isolante dei cavi elettrici deve essere realizzato con materiali autoestinguenti e a bassa emissione di fumi.
Gli isolanti si dividono in:
Termoplastici, sono realizzati con dei materiali plastici che hanno la caratteristica di rammollire alle alte temperature e indurire a temperature più basse, questa proprietà gli consente di essere sottoposti a più cicli di lavorazione rendendo più facile il loro recupero o smaltimento. I materiali termoplastici più usati per la costruzione dei cavi sono il PVC e il polietilene;
elastomeri, sono dei materiali che alle basse temperature si comportano come i termoplastici, mentre alle alte temperature subiscono un processo di vulcanizzazione che li rende permanentemente duri aumentando la loro resistenza alle temperature elevate.
Dimensionamento
Il corretto dimensionamento dei cavielettrici rappresenta un aspetto fondamentale del progetto di un impianto elettrico, i principali fattori da tenere in considerazione sono la tensione e la corrente a cui saranno sottoposti i cavi durante il loro funzionamento, il tipo di posa (in tubo, all’aperto, interrata ecc..), e le caratteristiche dell’ambiente circostante (presenza di sostanze chimiche, rischio d’incendio ecc..).
Scelta dell’isolante
Un giusto dimensionamento dell’isolante deve garantirci un buon livello di protezione prolungato nel tempo, rispetto alle diverse tipologie di stress a cui il cavo potrà essere sottoposto durante il suo funzionamento. Al contrario di quanto si possa immaginare lo spessore dell’isolante non viene dettato da fattori di natura elettrica ma da fattori di natura termica e meccanica. L’aspetto termico riguarda il calore prodotto dalla corrente che attraversa il cavo, l’isolante deve poter dissipare, senza danneggiarsi, sia il calore generato in condizioni di funzionamento normale che quello, ben più elevato, che potrebbe generarsi in caso di cortocircuito. L’aspetto meccanico, invece, deve tener conto degli stress che il cavo potrebbe subire durante la posa (attrito con altri cavi, torsioni ecc..), e anche a quelli dovuti al luogo in cui viene posato il cavo ( esterno, interrato, ambienti corrosivi ecc..).
Durante il funzionamento di un cavo si possono distinguere tre diverse situazioni che influenzano la temperatura a cui è sottoposto l’isolante;
regime permanente, si ha questa condizione quando nel cavo scorre una corrente costante nel tempo, che lo porta ad una temperatura stabile detta di regime.
sovraccarico, si ha questa condizione quando nel cavo scorre una corrente più elevata rispetto a quella prevista dal progetto, questa corrente causa alte temperature e se non venisse interrotta in tempi brevi, grazie all’intervento dell’interruttore magnetotermico, danneggerebbe sicuramente l’isolante.
cortocircuito, si ha questa condizione quando entrano in contatto due conduttori attivi, l’assenza di resistenza tra i conduttori fa circolare delle correnti elevatissime che generano delle temperature altrettanto elevate. Questa corrente deve essere interrotta quasi istantaneamente, grazie all’intervento delle protezioni, altrimenti si assisterebbe al danneggiamento del cavo e, nella peggiore delle ipotesi, allo sviluppo di un incendio.
Sezione del conduttore
Un altro parametro fondamentale per la scelta del cavo è la sezione del conduttore, essa va calcolata tenendo in considerazione l’aspetto termico e l’aspetto della caduta di tensione. L’aspetto termico dipende dal tipo di posa, infatti un cavo interrato in un terreno umido e compatto ha più capacità di disperdere calore di un cavo interrato in ghiaia, quindi a parità di sezione, una maggiore capacità di disperdere calore coincide con una maggiore portata di corrente. Il calcolo della caduta di tensione è legato alla distanza tra sorgente ed utilizzatore, infatti la resistenza del conduttore introduce una caduta di tensione che aumenta all’aumentare della lunghezza del cavo, la massima caduta di tensione ammissibile per gli impianti civili è del 4% rispetto alla tensione nominale di 220 V e vale circa 8,8 V.
Le Tabelle per i cavi elettrici
Sul cavo sono serigrafate delle sigle che ci danno delle informazioni sulla tipologia dell’isolante e sulle caratteristiche del conduttore, per esempio se su un cavo leggiamo la sigla N07V -K (vedi tabella 5 in fondo alla pagina), significa che stiamo parlando di un cavo con le seguenti caratteristiche:
N nazionale (indica un cavo conforme alle norme italiane , mentre H armonizzato indica un cavo conforme alle norme europee);
07 Cavo per tensione nominale U0/U 450/750V;
V Materiale isolante in PVC;
-K Corda flessibile per posa fissa.
Le tabelle vengono rilasciate dagli enti normatori e dalle aziende produttrici di cavi, al loro interno vengono descritte le caratteristiche dei cavi.
Esempio:
Supponiamo di voler trasportare una potenza di 5KW ad una distanza di 40m con posa interrata.
Visto il tipo di posa ci affidiamo ad un cavo di qualità G7 sotto guaina di PVC (vedi tabella 1 e 8 in fondo alla pagina) FG7OR 2X1 +G (G è il conduttore di terra e non porta corrente). Il carico è quasi completamente resistivo per cui assumeremo cosΦ = 1
la corrente da trasmettere sarà:
(1) I = W/V = 5000/220 = 22,7 A
Basandoci solo sulla componente termica la tabella 8 ci dice che per questo valore di corrente può andare sicuramente bene una sezione di 1,5 mm2, ma vista la lunghezza della tratta non possiamo sottrarci dal fare la verifica della caduta di tensione.
La tabella 9 ci dice che per la sezione di 1,5 mm2 la caduta di tensione è pari a
ΔV = 30,2 mV/Am
questo vuol dire che la tensione cala di 30,2 mV per ogni ampere di corrente e per ogni metro di lunghezza del collegamento quindi:
(2) ΔV = KIL/1000 cioè ΔV = 30,2 x 22,7 x 40 /1000 = 27,4 V ma 27,4 è il 12,5% della tensione nominale mentre la massima caduta ammessa è del 4% cioè 8,8 V, quindi la sezione di 1,5 mm2 non risulta idonea al nostro scopo.
Ricavando K dalla (2), abbiamo:
K = 1000 x ΔV/IL
cioè:
K = 1000 x 8,8 / 22,7 x 40 = 9,7 mV/Am
Poichè si tratta di un valore da non superare nella tabella 9 cerchiamo il valore di K immediatamente inferiore trovando K = 7,56 in corrispondenza della sezione di 6 mm2, che sarà la giusta sezione da adottare.
Tabella 1
Mescole elastomeriche isolanti
Qualità
Sigla
naz.
Tipologia
Temperatura
Caratteristica
Temperatura max
di cortocircuito
Utilizzo
G7
G7
Mescola elastomerica
reticolata ad alto modulo
a base di gomma sintetica
90 °C
250 °C
Isolante per posa fissa
in ambienti anche bagnati
adatto per posa interrata
G9
G9
Mescola elastomerica
reticolata a bassa emissione
di fumi e gas tossici e corrosivi
90 °C
250 °C
Isolante per cavi
non propaganti l’incendio
per cablaggi interni
G10
G10
Mescola elastomerica
reticolata a bassa emissione
di fumi e gas tossici e corrosivi
90 °C
250 °C
Isolante per cavi non
propaganti l’incendio
per posa fissa, mobile, interrata
Tabella 2
Mescole termoplastiche isolanti
Qualità
Sigla
naz.
Tipologia
Temperatura
caratteristica
Temperatura max
di cortocircuito
Utilizzo
T11
R
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
70 °C
160 °C
Isolante per cavi per
tensione nominale non
superiore a 1000 V,
posa fissa
T12
R
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
70 °C
160 °C
Isolante per cavi per
tensione nominale non
superiore a 750 V,
collegamenti mobili
R2
R2
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
70 °C
160 °C
Isolante per cavi per
tensione nominale non
superiore a 20 KV,
posa fissa in ambienti anche bagnati
Tabella 3
Mescole elastomeriche per guaine
Qualità
Sigla
naz.
Tipologia
Utilizzo
EM2
K
Mescola elastomerica
reticolata a base di
policloroprene
Guaina protettiva per cavi per posa
fissa o per collegamenti mobili per
servizio meccanico anche gravoso
M2
M2
Mescola elastomerica
reticolata a basso sviluppo
di fumi, gas tossici e corrosivi
Guaina protettiva di cavi non propa-
ganti l’incendio a basso sviluppo
di fumi di gas tossici e corrosivi
M3
M3
Mescola elastomerica
reticolata a basso sviluppo
di fumi, gas tossici e corrosivi
Guaina protettiva di cavi non propa-
ganti l’incendio a basso sviluppo
di fumi di gas tossici e corrosivi
Tabella 4
Mescole termoplastiche per guaine
Qalità
Sigla
naz.
Tipologia
Utilizzo
TM1
R
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
Guaina protettiva di cavi per posa
fissa in ambienti anche bagnati
TM2
R
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
Guaina protettiva di cavi per collegamenti
mobili in ambienti anche bagnati
Rz
R
Mescola termoplastica
a base di polivinilcloruro
Guaina protettiva di cavi per posa
fissa in ambienti anche bagnati e per
cavi non propaganti l’incendio
M1
M1
escola a base di materiale
termoplastico a basso
sviluppo di gas tossici
e corrosivi
Guaina protettiva di cavi non propaganti
l’incendio a basso sviluppo di fumi e
gas tossici e corrosivi
Tabella 5
Designazione cavi secondo la norma CEI 20-27
Riferimento alle norme
H
Armonizzato
A
Autorizzato
N
Nazionale
Tensione nominale
03
Tensione nominale U0/U 300/300V
05
Tensione nominale U0/U 300/500V
07
Tensione nominale U0/U 450/750V
1
Tensione nominale U0/U 0,6KV
Materiale isolante
V
PVC
A
Gomma sintetica
G9
Elastomero reticolato speciale
Schermatura e armatura
C
Conduttore concentrico di rame
A7
Schermo elettrostatico di alluminio
C7
Schermatura a fili o nastri di rame
C4
Schermatura a trecci di fili di reme
Z2
Armatura a fili
Z3
Armatura a piattine
Z4
Armatura a nastri
Z5
Treccia di fili di acciaio
Guaina
N
Policloroprene
V
Polivinilcloruro-PVC
Forma del conduttore
-U
Filo unico
-R
Corda rigida
-K
Corda flessibile per posa fissa
-F
Corda flessibile per servizio mobile
Tabella 6
Designazione cavi secondo la tabella CEI-UNE 35011
Natura e forma
del conduttore
A
Allumini (rame no sigla)
V
Filo unico
R
Corda rigida
F
Corda flessibile
S
Conduttore seriale
Materiale isolante
G1
Gomma sintetica
G5
Gomma EPR
G7
Gomma EPR ad alto modulo
G9
Elastomero reticolato speciale
G10
Elastomero reticolato speciale
R
Polivinilcloruro-PVC
R2
PVC di qualità superiore
E4
Polietilene reticolato
Forma dei Cavi
O
Anime riunite per cavo rotondo
D
Anime riunite per cavo piatto
Schermatura e
armatura
C
Conduttore concentrico di rame
H
Schermo elettrostatico di alluminio
H1
Schermatura a fili o a nastri di rame
H2
Schermatura a treccia di fili di rame
F
Armatura a fili
Z
Armatura a piattine
N
Armatura a nastri
A
Armatura a fili d’acciaio
Guaina
R
Polivinilcoruro-PVC
K
Policloroprene
M1
Termoplastica speciale
M2
Elastomero speciale
Tabella 7
-Tpio cavo N07V -K
-Cavi unipolari flessibili, isolati in PVC di qualità R2, senza guaina
-Installazione entro tubazioni in vista o incassate
-Norme di riferimento: CEI 20-20
Sezione
nominale
mm2
Diametro
del
conduttore mm
Spessore
medio
isolante mm
Diametro
esterno
massimo mm
Peso
indicativo
del cavo
Kg/Km
Resistenza
elettrica
a 20 °C
Ω/Km
Portata con
temp. amb. 30°C
in tubo in aria
A
1,00
1,3
0,7
3,2
14
19,50
12
1,50
1,5
0,7
3,5
19
13,30
15,5
2,50
1,8
0,8
4,2
30
7,98
21
4,00
2,5
0,8
4,8
45
4,95
28
6,00
3
0,8
6,3
63
3,30
36
Tabella
8
-Tipo FG7OR 0,6/1 kV
-Cavi multipolari flessibili, isolati in EPR ad alto modulo, sotto guaina di PVC di qualità Rz di colore grigio
-Per posa fissa, in aria libera, in tubazioni, in canalette; possono essere direttamente interrati
-Norme di riferimento: CEI 20-13
Numero
conduttori
n.
Sezione
nominale
mm2
Diametro
indicativo
conduttore
mm
Spessore
medio
isolante
mm
Diametro
esterno
massimo
mm
Peso
indicativo
del cavo
Kg/Km
Resistenza
max a 20 °C
in c.c.
Ω/km
Portata di corrente in (A) con temp. ambiente di:
30 °C
in tubo
in aria
20 °C
in tubo
interrato
2X
1,5
1,5
0,7
12
150
13,3
22
36
2,5
1,9
0,7
13
190
7,98
30
47
4
2,4
0,7
14,2
240
4,95
40
61
6
3
0,7
15,4
310
3,30
51
77
10
4,1
0,7
18,2
440
1,91
69
105
16
5,2
0,7
20,4
600
1,21
91
136
25
6,3
0,9
24,5
850
0,780
119
177
35
7,7
0,9
26,5
1130
0,554
146
212
50
9,4
1
30
1580
0,386
175
252
Tabella
9
Caduta di tensione ΔV = KIL/1000
Corrente I in A; Lunghezza L in m ; Coefficente K in mV/Am
Nelle misure di altitudine lo zero è riferito al livello del mare, nelle misure elettriche, invece, il livello di potenziale zero è costituito dal suolo. Quando colleghiamo una massa a terra non facciamo altro che darle il potenziale zero. Con il termine massa si intende qualsiasi corpo metallico, carcasse di elettrodomestici, tubi dell’acqua, pali per l’illuminazione ecc., che potrebbe trovarsi sotto tensione a causa di un guasto o avaria. La funzione dell’impianto di terra è quella di creare un percorso a bassa resistenza tra la massa e la terra, questo fa si che le eventuali correnti di guasto si scarichino verso terra, provocando lo scatto automatico dell’interruttore differenziale. Se non ci fosse l’impianto di terra la massa rimarrebbe in tensione ed in caso di contatto la corrente fluirebbe verso terra attraverso il corpo del malcapitato. Oltre agli elettrodomestici vanno collegate a terra tutte le masse metalliche dell’edificio, tubi dell’acqua, del gas, travi ecc..
Realizzazione
Dispersori;
Dispersore naturale;
Conduttori di terra;
Collettore di terra;
Collegamenti equipotenziali;
Pozzetto di ispezione;
Montante PE;
Derivazione;
Conduttori di protezione;
Collegamenti equipotenziali supplementari;
Dispersori
Sono dei corpi metallici messi in intimo contatto col terreno, la loro funzione è quella di disperdere le correnti di guasto nel terreno stesso. Si possono avere diversi tipi di dispersore, picchetto, corda nuda, tondino, la loro sezione varia in base al materiale con cui sono costruiti e alle caratteristiche chimico-fisiche del terreno. Possono essere usati come dispersori anche i ferri d’armatura dell’edificio, detti appunto Dispersori naturali.
Conduttori di terra
Sono dei conduttori che collegano tra loro i dispersori e il collettore di terra. Il dimensionamento di questi conduttori dipende dalla loro costruzione meccanica e dal tipo di posa nel terreno. I conduttori di terra sono protetti contro la corrosione tramite una guaina elastomerica e vengono posati all’interno di tubi in pvc che li proteggono dalle sollecitazioni meccaniche.
Collettore di terra
E’ il nodo principale, formato da una barra metallica o morsettiera al quale vengono collegati i conduttori di terra, i conduttori equipotenziali e la montante.
Collegamenti equipotenziali
Sono quei conduttori che collegano al nodo di terra le masse estranee (tubi dell’acqua,del gas ecc…), allo scopo di evitare che vi siano differenze di potenziale fra masse metalliche diverse.
Montante PE
E’ il conduttore di protezione principale, che collega i conduttori di protezione secondari al nodo di terra principale.
Conduttori di protezione
Collegano al collettore di terra le masse da proteggere, come i morsetti di terra delle prese, i collegamenti equipotenziali, e le masse metalliche di apparecchi elettrici.
Il fusibile è un dispositivo di protezione costituito da un cilindro, di vetro o ceramica, chiuso tra due terminali collegati tra loro da un filamento di materiale conduttore. Il filamento viene dimensionato in base alla corrente massima che dovrà sopportare durante il funzionamento. In passato i fusibili erano l’unico tipo di protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti, oggi, almeno nell’ambito degli impianti elettrici standard, sono stati rimpiazzati dagli interruttori magnetotermici, tuttavia trovano ancora un largo impiego nella protezione di apparati elettronici.
Funzionamento
Il fusibile viene collegato in serie al circuito da proteggere, il suo dimensionamento dipende dalla grandezza delle correnti in gioco e dal tipo di intervento (istantaneo, ritardato, ecc..), che si vuole ottenere. Il funzionamento di un fusibile è molto semplice, in pratica il suo filamento viene attraversato dalla corrente che alimenta il circuito da proteggere, se la corrente richiesta è troppo elevata il filamento si scalda fino a fondersi, interrompendo la continuità elettrica tra i due reofori e togliendo alimentazione al circuito. A seguito dell’intervento del fusibile si dovrà provvedere alla verifica dell‘impianto elettrico, in modo da capire la causa che ha generato lo scatto, e poi alla sostituzione dello stesso con uno di pari caratteristiche. Per verificare se un fusibile è scattato ci possiamo affidare o ad un controllo visivo (possibile solo sui fusibili di vetro), oppure, una volta rimosso il fusibile dal circuito, ad una più “empirica” misurazione della continuità, con l’ausilio di un semplice tester. Nei modelli per correnti particolarmente elevate il cilindro viene riempito con del materiale inerte polverizzato, lo scopo di questo materiale è quello di spegnere l’arco elettrico che potrebbe venirsi a creare tra i due segmenti di filamento interrotto.
Tipi di fusibile
A seconda del tempo di intervento possiamo distinguere i seguenti modelli:
FF, Modelli ultrarapidi, vengono utilizzati in applicazioni particolari, dove anche un brevissimo picco di corrente superiore alla norma potrebbe arrecare dei danni.
F, Modelli rapidi, intervengono quasi immediatamente, quando si verifica il sovraccarico.
M, Modelli semiritardati, hanno una velocità d’intervento a metà strada tra i rapidi ed i ritardati.
T, Modelli ritardati, intervengono con un leggero ritardo, vengono utilizzati nei circuiti che all’accensione producono un rapido picco di assorbimento. Se in un circuito del genere si montasse un fusibile rapido, questo interromperebbe il circuito ad ogni accensione, in altre parole l’apparecchio non si accenderebbe mai. Montando invece un fusibile ritardato, questo non interviene all’atto dell’accensione, poiché il picco iniziale di assorbimento si estingue prima che il fusibile possa intervenire.
TT, Fusione super ritardata, intervengono per la protezione di apparecchiature soggette a continui sbalzi di corrente e trovano impiego per la protezione di motori, trasformatori, condensatori ecc.
Dati di targa
Corrente nominale, espressa in Ampere (A). É il valore di corrente oltre il quale si ha la fusione del filamento.
Tensione nominale, espressa in Volt (V). É il valore massimo di tensione che può venire a trovarsi ai capi del fusibile non appena il filo si spezza.
Velocità d’intervento. FF, F, M, T, TT
Potere di apertura, espresso in Ampere (A). É la soglia di corrente oltrepassata la quale il fusibile può creare un arco elettrico e far passare la corrente anche se il filo si spezza.
Fusibili Autoripristinanti
In alcune situazioni particolari, dove il cortocircuito o il sovraccarico possono essere frequenti e nella norma, per evitare di sostituire frequentemente i fusibili si utilizzano particolari modelli in grado di ripristinarsi automaticamente. In questi fusibili il “filamento” è costituito da un resistore “PTC” (Positive Temperature Coefficient), la caratteristica di questi resistori è quella di aumentare la propria resistenza all’aumentare della temperatura. In pratica, quando la corrente richiesta dal circuito supera un determinato valore di soglia il resistore comincia a scaldarsi, l’aumento di temperatura provoca l’aumento della resistenza che a sua volta genera un’ulteriore aumento della temperatura che fa incrementare il valore resistivo e così via con effetto valanga, l’aumento di resistenza riduce il passaggio di corrente e realizza la protezione del circuito. Una volta rimossa la causa del guasto il fusibile si raffredda ripristinando il normale passaggio della corrente.
La corrente elettrica che attraversa un circuito produce fenomeni magnetici e fenomeni termici (riscaldamento per effetto Joule). L’interruttore magnetotermico, come si evince dal nome, racchiude in se due sganciatori, uno magnetico e uno termico, è detto anche interruttore automatico poiché è capace di interrompere automaticamente la corrente al verificarsi di determinate condizioni di pericolo, quali il sovraccarico e il cortocircuito.
Sovraccarico (Parte termica)
Si ha la condizione di sovraccarico quando un circuito di un impianto elettrico viene attraversato, per un periodo di tempo più o meno breve, da una corrente più elevata rispetto a quella prevista per quel ramo dell’impianto. La condizione di sovraccarico elettrico è la più frequente causa di incendio e può dipendere da un’errata progettazione dell‘impianto elettrico, es: cavi di sezione non adeguata o interruttori sovradimensionati, o dall’incuria dell’utente, es: inserimento di più ciabatte in cascata, su prese previste per alimentare un unico apparecchio utilizzatore.
Cortocircuito (Parte magnetica)
La condizione di cortocircuito si verifica quando due conduttori a potenziale diverso vengono in contatto, questa è una situazione molto pericolosa perché le correnti in gioco sono molto elevate e possono causare parecchi danni all’impianto elettrico e all’edificio stesso.
Funzionamento
Le parti sensibili di un interruttore magnetotermico sono costituite da una lama bimetallica in serie ad un elettromagnete, questi due componenti vengono attraversati dalla stessa corrente elettrica che attraversa il circuito che devono proteggere. In caso di sovraccarico prolungato nel tempo la lamina bimetallica si riscalda per effetto Joule e, a causa della diversa risposta termica dei due metalli, si deforma aprendo il circuito. La deformazione del bimetallo viene tarata in base alla massima temperatura ammissibile per il cavo che dovrà proteggere. L’elettromagnete, invece, scatta in modo quasi istantaneo, non appena il valore della corrente che lo attraversa supera un determinato valore di soglia.
Dati di targa
IN Corrente nominale: è la massima corrente che non provoca l’intervento dell’interruttore.
IF Corrente convenzionale di intervento: è la corrente che fa intervenire l’interruttore entro un ora.
INF Corrente convenzionale di non intervento: è la corrente che l’interruttore può sopportare senza intervenire per il tempo convenzionale di un’ora.
II Corrente di intervento istantaneo: è la corrente che provoca in modo istantaneo lo sgancio magnetico dell’interruttore.
Tipi di interruttore
Gli interruttori magnetotermici si dividono in tre tipologie che dipendono dal valore della corrente di intervento istantaneo:
Tipo B: II= 3-5 IN
Tipo C: II= 5-10 IN
Tipo D: II= 10-20 IN
In base al numero di conduttori interrotti possiamo dividere gli interruttori in unipolari e bipolari. I valori di corrente nominale IN più comuni sono:
Un altro elemento che contraddistingue gli interruttori è il potere di interruzione, ossia la massima corrente che il dispositivo può interrompere senza subire danni. Infatti, una delle qualità che differenziano l’interruttore automatico dal fusibile è proprio la “riarmabilità” a seguito di un intervento.
I valori dei poteri di interruzione più comuni sono:
1500, 3000, 4500, 6000, 10000, 15000, 20000, 25000 A (ampere).
In ambito civile il 4500 A è un ottima soluzione.
Interruttore magnetotermico differenziale
E’ un interruttore che integra le caratteristiche di intervento sia del magnetotermico che del differenziale, quindi in un unica soluzione avremo la protezione contro:
Sovraccarico
Cortocircuito
Folgorazione (se coordinato con l‘impianto di terra).