Nelle vecchie proiezioni cinematografiche i video venivano realizzati grazie all’utilizzo di una pellicola sulla quale erano stati impressi, mediante delle tecniche fotografiche, migliaia di fotogrammi. Questi fotogrammi, riprodotti in rapida successione, davano allo spettatore la percezione del movimento. Oggi il progresso tecnologico ha modificato profondamente le tecniche di acquisizione, riproduzione ed archiviazione delle immagini, ma il concetto di video è rimasto invariato, ossia realizzato mediante la riproduzione in rapida successione di una sequenza di fotogrammi.
Per poter trasmettere un segnale video bisogna che quest’ultimo venga convertito in un segnale elettrico con determinate caratteristiche, i sistemi di videosorveglianza hanno adottato una tecnologia nata per la trasmissione dei segnali TV, ossia quella del video composito. Un segnale video composito è un segnale analogico con uno spettro di frequenza che va dai 50Hz ai 5,3MHz ed un’ampiezza, tra il suo picco massimo e quello minimo, di 1Volt. All’interno di questo segnale vengono allocate, su bande di frequenza diverse, tutte le informazioni: sincronismo, luminanza, crominanza, audio ecc., utili alla riproduzione del video. Come vedremo nei paragrafi successivi un video per essere trasmesso, archiviato e riprodotto, deve attenersi a particolari regole di codifica. Gli standard di codifica più diffusi sono la codifica PAL (Phase Alternating Line) e quella NTSC (National Television Sistem Committee), la scelta di adottare un tipo di codifica piuttosto che un altro viene fatta in funzione della frequenza della corrente elettrica di alimentazione, per cui useremo lo standard PAL nei paesi che usano la corrente alternata ad una frequenza di 50 Hz, Italia, Spagna, Portogallo ecc., e quello NTSC nei paesi che usano la corrente alternata ad una frequenza di 60Hz, Canada, Messico, USA. Per completezza è giusto dire che esiste un terzo tipo di codifica sviluppato dai francesi, anch’esso basato su una corrente alternata a 50 Hz, chiamato SECAM (SÉquentiel Couleur À Mémoire).
Linea TV
Prima di parlare di codifica credo sia meglio spiegare il significato del termine Linea TV. Nell’articolo sul CCD abbiamo visto che esso è ricoperto da una griglia di fotodiodi che hanno il compito di catturare le informazioni relative alla luminanza e alla crominanza di quel punto della scena, queste informazioni, associate alla posizione fisica del fotodiodo sul sensore, danno vita ad un dato chiamato pixel (picture element). In realtà, nei sistemi di videosorveglianza tradizionali (analogici), il pixel in sé conta poco, infatti il segnale elettrico inviato sul cavo non contiene l’informazione relativa ad un unico pixel, ma bensì, ad una linea di essi chiamata linea TV. La scelta di lavorare con le linee TV non è casuale ma è stata fatta per venire incontro ai vecchi dispositivi di riproduzione, quali i famosi ed ormai obsoleti monitor a tubo catodico o CRT (Cathode Ray Tube).
Il tubo catodico è costituito da un imbuto di vetro che nella parte più stretta alloggia un cannone ad elettroni e in quella più larga alloggia lo schermo. Il compito del cannone è quello di emettere un sottile fascio di elettroni in direzione del pannello frontale. All’interno del pannello frontale i pixel sono realizzati mediante deposito di fosfori, questi materiali hanno le proprietà della fluorescenza, cioè si illuminano quando assorbono delle radiazioni, e della fosforescenza, cioè una volta cessata la radiazione che li ha accesi continuano, per un breve periodo, ad emettere della luce. L’intensità del fascio di elettroni viene modulata dal segnale video in ingresso, la scansione di tutti i pixel avviene grazie a degli elettromagneti che basandosi sulle informazioni di sincronismo contenute nel segnale video generano dei campi magnetici, più o meno intensi, capaci di indirizzare il fascio verso qualsiasi punto dello schermo.
Quando inviamo un fotogramma ad un monitor CRT, questo non viene rappresentato istantaneamente ma una riga alla volta dall’alto verso il basso; in pratica il cannone ad elettroni, chiamato anche pennello elettronico, comincia con l’accensione del primo pixel sulla sinistra dello schermo, poi del secondo, del terzo e così via fino al completamento di una riga orizzontale, dopodiché torna indietro e ricomincia col primo pixel della riga successiva, questo movimento, simile a quello del carrello di una vecchia macchina da scrivere, viene definito scansione. In base all’ordine con cui vengono accese le linee del monitor possiamo distinguere due tipi di scansione, quella interlacciata e quella progressiva.