Teleobiettivo
Gli obiettivi con una focale maggiore di 4 mm offrono un angolo di vista minore e vengono chiamati teleobiettivi. A parità di dimensioni del sensore CCD, un teleobiettivo concentra sul sensore una quantità di spazio minore rispetto al “normale”(aumentando il rapporto pixel/metro), questo fa si che le immagini appaiano più vicine e più dettagliate.
Gli obiettivi possono essere ulteriormente suddivisi in: focale fissa, focale variabile, zoom.
Focale fissa
Gli obiettivi a focale fissa offrono un unico angolo di ripresa che non può essere modificato. Nei sistemi di videosorveglianza questo è uno svantaggio perché vincola la telecamera a riprendere solo scene con determinate caratteristiche.
Focale variabile
Gli obiettivi a focale variabile costano un pò di più ma danno il vantaggio di poter scegliere tra un range di focali maggiore ad esempio 4-12 mm. La scelta viene effettuata ruotando una ghiera posta sul barilotto dell’obiettivo, una volta individuato il corretto angolo di vista necessitano di essere messi a fuoco tramite la rotazione di una seconda ghiera.
Zoom
Sono degli obiettivi a focale variabile ad esempio 6-48 mm che riescono a riprendere anche a distanze notevoli ed hanno la messa a fuoco automatica. Lo zoom può essere eseguito sia manualmente che automaticamente attraverso una serie di motorini elettrici comandati da un operatore remoto. Spesso questi obiettivi vengono rappresentati da un valore che nasce dal rapporto tra la massima e la minima lunghezza focale selezionabile, prendendo l’esempio precedente 6-48 mm avremo 48/6=8 quindi il nostro obiettivo sarà un 8X.
Il diaframma.
Il compito del diaframma è quello di regolare la quantità di luce che raggiunge il sensore d’immagine attraverso l’obiettivo. Un’immagine si dice sovraesposta (bruciata nel gergo fotografico) quando, a causa della troppa luce che passa attraverso l’obiettivo, appare molto chiara e i dettagli in corrispondenza delle zone più luminose risultano essere poco visibili. Al contrario si dice che un immagine è sottoesposta quando, a causa della poca luce che passa attraverso l’obiettivo, appare molto scura e i dettagli in corrispondenza delle zone più scure risultano essere poco visibili. Anche l’occhio umano è sensibile alle variazioni luminose e per correggerle si affida ad una membrana chiamata iride. L’iride, attraverso la variazione del suo diametro, regola la quantità di luce passante e ci consente una visione ottimale in tutte le condizioni. Nelle telecamere, per evitare che le immagini siano sovra o sottoesposte, si ricorre a due metodi principali quali: la regolazione del tempo di campionamento (shutter elettronico, simile per funzione all’otturatore delle macchine fotografiche) e la regolazione dell’apertura del diaframma. In condizioni di scarsa illuminazione è preferibile usare un diaframma aperto in modo da poter convogliare sul sensore una quantità maggiore di luce ed evitare la sottoesposizione, invece, in condizioni di eccessiva illuminazione è preferibile usare un diaframma chiuso che limita la quantità di luce ed evita la sovraesposizione.
In base a come viene gestito il diaframma possiamo dividere gli obiettivi in tre categorie: Iris fisso, iris meccanico, autoiris.
Iris fisso
Questi obiettivi hanno un’apertura fissa che non può essere in alcun modo variata, il diametro del diaframma è regolato per le riprese di interni con condizioni di luce stabili. Oggi sono molto diffusi, un po’ per il loro costo ridotto e un po’ perché gli otturatori di tipo elettronico (shutter), li hanno resi apprezzabili anche per le inquadrature con condizioni di luce variabile.
Iris meccanico
Negli obiettivi ad iris meccanico l’apertura del diaframma viene regolata meccanicamente per mezzo di una ghiera posta sull’obiettivo. Anche in questo caso, a meno che non si abbiano esigenze particolari, la regolazione migliore dovrebbe essere un’apertura intermedia.
Autoiris
Questi obiettivi sono equipaggiati con un motorino che regola l’apertura del diaframma in base alla quantità di luce presente nell’ambiente circostante. L’apertura del diaframma viene stabilita in base a delle informazioni di luminosità contenute nell’immagine catturata dal sensore CCD, tali informazioni devono essere elaborate e trasformate in impulsi elettrici, utili per il motorino che dovrà governare il diaframma. L’elettronica per elaborare le informazioni luminose può essere parte integrante dell’obiettivo, che in questo caso sarà un Video Drive, oppure trovarsi a bordo della telecamera , che in questo caso monterà un obiettivo DC Drive.
F-stop
A questo punto si potrebbe pensare che tra due obiettivi il più luminoso sia quello con l’apertura del diaframma maggiore. In realtà la quantità di luce che investe il sensore ccd, oltre che dall’apertura del diaframma, dipende anche dalla lunghezza focale. Tornando all’esempio del foglio di cartone bucato, potrete constatare facilmente che a parità di diaframma (buco nel cartone), il vostro occhio riceverà più luce quando vi avvicinerete (focale corta), e ne riceverà di meno quando vi allontanerete (focale lunga). il parametro che indica la luminosità di un obiettivo è l’ f/stop, tale valore, chiamato rapporto focale, nasce dal rapporto tra la lunghezza focale e il diametro dell’apertura del diaframma.
Messa a fuoco
La funzione ideale di un obiettivo è quella di raccogliere la luce proveniente dall’ambiente circostante e di convogliarla su un punto preciso detto punto focale. La distanza tra il punto focale e la lente è una caratteristica dell’obiettivo e prende il nome di distanza focale, un sensore CCD installato perfettamente a ridosso del punto focale renderà un immagine nitida e perfettamente a fuoco. Quanto detto prima è vero solo se i raggi che investono l’obiettivo sono tra di loro paralleli, in natura gli unici raggi paralleli sono quelli del sole o quelli riflessi dalle montagne in lontananza. In tutti gli altri casi la luce proveniente dall’ambiente circostante colpirà l’obiettivo con diverse angolazioni che, anche se di poco, contribuiranno a variare la distanza focale compromettendo la nitidezza del’immagine ottenuta, che risulterà sfocata. Per risolvere questo problema ed ottenere delle immagini nitide, bisognerà mettere a fuoco l’obiettivo, l’operazione di messa a fuoco consiste nel ruotare una ghiera, posta sul barilotto dell’obiettivo, che sposta la lente in avanti o in dietro, in modo da riportare il punto focale sul sensore CCD.
Autofocus
Gli autofocus sono degli obiettivi capaci di mettersi a fuoco in modo autonomo, vengono preferiti in tutte quelle situazioni dove il target non è statico, ma soggetto a variazioni, come nelle telecamere brandeggiabili o in quelle ad inseguimento. La messa a fuoco viene effettuata da un motore elettrico che attua la rotazione dei gruppi ottici facendoli allontanare o avvicinare al piano focale. Uno dei metodi utilizzati per capire quando un immagine è a fuoco è quello a rilevamento di contrasto, tale metodo è simile al criterio applicato da noi quando mettiamo a fuoco in modo manuale. In pratica il sensore ccd acquisisce l’immagine e la invia ad un processore che ne analizza i contrasti (in un immagine sfocata i contrasti non sono netti ma sfumati). Fatto ciò il processore invia un input al motore, che attua la rotazione dei gruppi ottici spostando la focale, se il contrasto aumenta allora quella è la giusta direzione altrimenti bisognerà muoversi nella direzione opposta. Una volta individuata la giusta direzione, il processore continua ad inviare degli input al motore, analizzando di volta in volta il contraso ottenuto, fino a quando il contrasto non diminuisce nuovamente. A quel punto significa che il miglior contrasto era nella posizione precedente e riporta indietro il motore.
Profondità di campo
Quando mettiamo a fuoco un immagine solo un determinato punto, detto punto di fuoco, sarà realmente a fuoco, le zone poste davanti e dietro il punto di fuoco subiranno una sfocatura graduale che aumenterà all’aumentare della distanza dal punto di fuoco. La profondità di campo indica i metri, prima e dopo il punto di fuoco, che mantengono una nitidezza accettabile.
La profondità di campo viene influenzata da tre fattori:
- Apertura del diaframma: un diaframma aperto ha una profondità di campo minore rispetto ad un diaframma chiuso;
- Lunghezza focale: obiettivi grandangolari (lunghezza focale ridotta), hanno una profondità di campo maggiore rispetto ai teleobiettivi (lunghezza focale elevata);
- Distanza tra telecamera e soggetto: maggiore sarà la distanza tra il soggetto e la telecamera maggiore sarà la profondità di campo